27 febbraio 2010

Pagina a caso - Autoprodotto.


Dinuovo quel suono assordante ma ignorato fino a dieci minuti prima, é ora di buttarsi via dal letto, schivare bottiglie vuote, cercare di raggiungere sani e salvi il bagno tra il fastidioso rumore della tv lasciata accesa e vecchie foto sparse per terra.
Minuti contati scandiscono gli ultimi attimi di tregua.

Sette minuti, l'ottavo allaccia la cravatta, il nono le scarpe, fuori.

Qualcosa non torna, il caso non esiste, MMMMM, casualitá inaccettabili.
Rivelare le proprie idee sarebbe un suicidio, mai sparpagliare pensieri su persone che si cibano di schemi.
La mente macina pensieri continuamente, a tratti lo affoga tra fantastiche situazioni.

Schivata la solita buca. Il sole infiamma l'asfalto, tra qualche mese sará il tempo dei Tornado, la radio trasmette la solita merda ogni dieci minuti, la gente cammina di fretta.
Parcheggio, ventiquattr'ore in mano, ascensore a ore sette, vibrazione inserita, tredicesimo piano.

Vento.
Qualcosa non quadra, dinuovo.
Da questo momento in poi, é ritardo.
Fermo, paralizzato a fissare il vuoto, infinito.
Il vento sbatte sulle pupille, nessun battito, é quasi piacevole.

Vento.
Aperta, montato, chinato.
Undicesimo piano.
Un trafficante d'armi, concorrenza per qualcuno.
Vento, un soffio, il vetro si infrange, cade, é panico.

Resta tutto lí, tranne il culo, ovvio.
Scale ant'incendio, la moto é giá lí, la polizia anche.

È un idiozia, ma forse continua.

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